Basterebbe pensare a «Casa Howard», per
rafforzarsi nella convinzione che esistono "case con l'anima",
ovvero abitazioni entro cui è penetrato un afflato umano indelebile,
un pathos umanizzato e misterioso che il passare del tempo non
riesce a sconfiggere. E questa proustiana air du temps la ritroviamo
tutta intera ne La Mensa , nuova raccolta di racconti - quasi
saggi - che l'ariosa penna di Maria Teresa Mistri, reduce dal vivo consenso
ottenuto da Fatti, miracoli e leggende
di Ferrara antica, offre ancora una volta, all'attenzione
dei suoi lettori.
Assistiamo, pietra per pietra, alla puntuale costruzione della maestosa
residenza di villeggiatura, voluta da Bartolomeo della Rovere, nelle
cui stanze l'autrice ci fa sostare, incuriositi dai fasti clericali
dell'inizio e dalle gioie rurali, interesse della fine, pur nel rammarico
di vedere un palazzo di così notevole architettonico, andare in rovina.
I nostri occhi, attraverso la pagina scritta, sono incantati dalla sapiente
descrizione minuziosa dei decori e degli ornamenti di muri e soffitti
di una costruzione che non avrebbe certo meritato una decadenza così
vulnerante ed offensiva.
Procedendo nella lettura, siamo particolarmente colpiti dalla capacità
della Mistri di ricreare il clima, l'atmosfera dei momenti storici da
lei riproposti, al di là della valenza nel tratteggiare il ritratto
dei personaggi.
E così respiriamo austerità e debolezze di insigni uomini di chiesa
che non disdegnano pantagrueliche abbuffate alla ricca tavola del palazzo
(ma del resto, se si chiamava "Mensa", come avrebbero potuto
le cose andare altrimenti?); leggiamo di venefici; di fatti di sangue;
di conversioni imprevedibili, mentre il paesaggio esterno al palazzo
sembra ritmare la cupezza degli avvenimenti, con cieli di piombo e scoppi
di temporale, con il supporto fonico di vociare di servi e lavandaie,
a rendere più realistica la descrizione.
Abbiamo persino continue percezioni olfattive, nel corso della lettura,
la Mistri non ci sa negare gli stuzzicanti effluvi delle cucine vescovili
nell'interno del palazzo, e ci fa venire l'acquolina in bocca, descrivendoci,
più avanti, la confezione della gustosissima "salamina da sugo",
in pagine altrettanto gustose. Ma il nostro naso, in questa lettura,
non è solo gratificato da aromi gastronomici, perché l'autrice ci fa
odorare anche il delicato profumo dei fiori di campo, nati lungo le
rive del Po di Volano, appena fuori dalla porta del palazzo.
I personaggi si avvicendano nelle pagine, alcuni soltanto di passaggio
- come comprimari - altri con piglio da protagonisti, perché ritornano,
legando fatti e vicende con la loro presenza.
In particolar modo, ci sembra avere felici connotati la figura di Marzola,
"l'uomo fidato del fattore (...) servizievole e sempre pronto a
tentare di assolvere qualsiasi incarico, perennemente di buon umore,
con quella sua aria furbesca e scherzosa, la battuta facile, senza mai
essere sconveniente".
Un factotum indispensabile, questo arguto contadino, all'occorrenza
anche "messaggero d'amore", agreste cupido che, con "proverbi
e filastrocche" sapeva anche regalare note di colore, vivacità
ingenua ai suoi simili e ai padroni, in epoca in cui non c'erano svaghi
speciali e radio, televisione ed Internet erano ancora da venire.
Attraverso questi personaggi rurali respiriamo il sapore antico del
"filò", di quando figure alla Marzola raccontavano
i loro fatterelli umoristici nel tepore delle stalle, alternandoli al
rosario, recitato dalle donne. E l'autrice, a questo proposito, ci parla
anche di santini e libri da messa appesi appunto prospicienti i ripari
del bestiame, a fini propiziatori...
Se a rappresentare i personaggi maschili, abbiamo scelto Marzola, a
cui affiancheremmo il simpatico "frate
che fabbricava il sapone", tra le figure femminili, daremmo
il posto d'onore a Malvina (che sospettiamo essere un'antenata dell'autrice),
simbolo di una signorina "comme il faut", civettuola e saggia
ad un tempo, paradigma della donna del secolo passato, modello di una
femminilità di cui resta solo un letterario ricordo.
Come nella precedente raccolta, non poteva nemmeno ora mancare qualche
tocco di realismo magico, caro alla penna della Mistri che sa proporci,
con rispettoso garbo, anche episodi di miracoli, tratti dalle credenze
popolari.
Inutile sottolineare il rigore storico dell'autrice che ha consultato
testi con scientifica passione, filtrandoli poi, attraverso la sua creativa
vena di narratrice.
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